La nuova legge Gelli sulla responsabilità medica, muovendo dalla necessità di recuperare un corretto rapporto medico-paziente, di costruire un modello di gestione del rischio clinico adeguato a prevenire gli eventi avversi, garantendo cure sicure, di rimodulare il regime della responsabilità medica e di contenere i costi derivanti dalla conflittualità in ambito di medical malpractice per garantire la sostenibilità del sistema anche mediante l’istituzione di un obbligo di assicurazione, arriva effettivamente a fare chiarezza sui molteplici dubbi interpretativi ed applicativi creati dalla legge Balduzzi.
Sulla natura della responsabilità sanitaria, la legge 24, con l’art. 7 “Responsabilità civile della struttura e dell’esercente la professione sanitaria”, elide i precedenti contrasti interpretativi, dando definitivamente vita ad un regime “a doppio binario” secondo il quale la struttura sanitaria (comma 1), al pari del medico che opera in regime di libera professione (comma 2), continuerà a rispondere ai sensi degli artt. 1218 e 1228 del c.c. ossia secondo una responsabilità contrattuale. Diversamente, il medico dipendente (comma 3) e più in generale tutti coloro che a diverso titolo svolgano la loro attività all’interno di una struttura od in regime di convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale, risponderanno ai sensi dell’art. 2043 c.c., con ritorno, pertanto, ad una responsabilità extracontrattuale.
Tra le maggiori “novità” della nuova legge sulla responsabilità medica è opportuno richiamare anche i seguenti articoli:
L’art. 6 “Responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria”, introduce all’interno del Codice Penale l’art. 590-sexies che prevede espressamente la responsabilità colposa dell’operatore sanitario a seguito di morte o lesioni personali del paziente.
Al medico e più in generale al personale sanitario che nello svolgimento della propria opera cagiona colposamente, per negligenza e/o imprudenza, una lesione o la morte del paziente (si pensi ad esempio ad un errato trattamento chirurgico che comporta un danno al paziente o addirittura il suo decesso) verranno applicate le pene previste rispettivamente dall’art. 590 c.p. (lesioni personali colpose) e dall’art. 589 c.p. (omicidio colposo). Nel caso in cui l’evento (lesioni personali o decesso del paziente) si sia verificato a seguito di una condotta imperita del medico è esclusa la sua responsabilità e quindi la punibilità se risultano rispettate le linee guida ovvero, in loro mancanza, il medico si sia attenuto alle buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto.
Con il comma 2 dell’art. 6 viene infine abrogato il comma 1 dell’art. 3 della legge 189/2012 (legge Balduzzi) che fino a questo momento disciplinava la materia.
La nuova legge Gelli sulla responsabilità medica, muovendo dalla necessità di recuperare un corretto rapporto medico-paziente, di costruire un modello di gestione del rischio clinico adeguato a prevenire gli eventi avversi, garantendo cure sicure, di rimodulare il regime della responsabilità medica e di contenere i costi derivanti dalla conflittualità in ambito di medical malpractice per garantire la sostenibilità del sistema anche mediante l’istituzione di un obbligo di assicurazione, arriva effettivamente a fare chiarezza sui molteplici dubbi interpretativi ed applicativi creati dalla legge Balduzzi.
Sulla natura della responsabilità sanitaria, la legge 24, con l’art. 7 “Responsabilità civile della struttura e dell’esercente la professione sanitaria”, elide i precedenti contrasti interpretativi, dando definitivamente vita ad un regime “a doppio binario” secondo il quale la struttura sanitaria (comma 1), al pari del medico che opera in regime di libera professione (comma 2), continuerà a rispondere ai sensi degli artt. 1218 e 1228 del c.c. ossia secondo una responsabilità contrattuale. Diversamente, il medico dipendente (comma 3) e più in generale tutti coloro che a diverso titolo svolgano la loro attività all’interno di una struttura od in regime di convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale, risponderanno ai sensi dell’art. 2043 c.c., con ritorno, pertanto, ad una responsabilità extracontrattuale.
Tra le maggiori “novità” della nuova legge sulla responsabilità medica è opportuno richiamare anche i seguenti articoli:
L’art. 6 “Responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria”, introduce all’interno del Codice Penale l’art. 590-sexies che prevede espressamente la responsabilità colposa dell’operatore sanitario a seguito di morte o lesioni personali del paziente.
Al medico e più in generale al personale sanitario che nello svolgimento della propria opera cagiona colposamente, per negligenza e/o imprudenza, una lesione o la morte del paziente (si pensi ad esempio ad un errato trattamento chirurgico che comporta un danno al paziente o addirittura il suo decesso) verranno applicate le pene previste rispettivamente dall’art. 590 c.p. (lesioni personali colpose) e dall’art. 589 c.p. (omicidio colposo). Nel caso in cui l’evento (lesioni personali o decesso del paziente) si sia verificato a seguito di una condotta imperita del medico è esclusa la sua responsabilità e quindi la punibilità se risultano rispettate le linee guida ovvero, in loro mancanza, il medico si sia attenuto alle buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto.
Con il comma 2 dell’art. 6 viene infine abrogato il comma 1 dell’art. 3 della legge 189/2012 (legge Balduzzi) che fino a questo momento disciplinava la materia.
Ottenere copia della propria cartella clinica è un diritto di ogni paziente.
Le strutture sanitarie pubbliche e private devono conservare illimitatamente nei propri archivi questa documentazione sanitaria e hanno l’obbligo di rilasciarne copia al paziente entro 30 giorni dalla richiesta.
Per richiedere questo documento è necessario compilare un modulo in cui vanno inserite le generalità del paziente e indicate le date e il reparto in cui è avvenuta la degenza. Spesso il modulo di
richiesta si può scaricare dal sito dell’ospedale.
Una volta compilata la domanda la si potrà presentare direttamente allo sportello dell’Ufficio cartelle cliniche della struttura sanitaria oppure
inviarla a mezzo posta sempre a questo ufficio. Alcuni ospedali prevedono l’invio della richiesta tramite una procedura on-line, attraverso l’e-mail o a mezzo fax. I costi di segreteria e di
riproduzione per il rilascio della cartella clinica variano a seconda della ULSS di riferimento.
In genere gli importi vanno da € 10 a € 30. Se è stato richiesto l’invio della cartella clinica per posta, a questi costi si dovranno aggiungere le spese di spedizione. Alcune strutture sanitarie offrono la possibilità di scegliere il rilascio della cartella in formato digitale (pdf) anziché cartaceo.
Si tratta di un’opzione che consiglio in quanto più pratica e di più agevole consultazione.
È importante ricordare che la cartella clinica può essere richiesta anche da
altri soggetti, oltre che dal paziente.
Vi faccio qualche esempio:
1) da una persona delegata dal paziente che dovrà esibire apposita
delega, copia di un proprio documento d’identità e di quello del delegante;
2) nel caso del decesso del paziente dagli eredi legittimi che
dovranno provare la loro qualità con una certificazione di tale stato;
3) nel caso di un minore da un genitore esercente la potestà
genitoriale previa esibizione di uno stato di famiglia;
4) in caso di persona non autosufficiente da un Amministratore di
Sostegno che dovrà esibire l’atto di nomina del Tribunale;
5) dal medico curante del paziente.
C’è da sapere che ogni ospedale adotta le proprie procedure per il rilascio della cartella clinica, vi consiglio quindi di consultare sul sito della struttura l’apposita sezione e se non vi è possibile di chiamare il centralino della struttura per essere messi in contato con l’ufficio che si occupa dell’evasione di tali richieste per ottenere in tempo reale tutte le informazioni di cui avete bisogno.
AW-16775592136
Ciittadinanza si acquista automaticamente:
La cittadinanza può essere concessa anche nel caso in cui lo straniero abbia reso eminenti servizi all’Italia, o nel caso in cui intercorra un eccezionale interesse dello Stato.
La cittadinanza si può invece richiedere:
La cittadinanza per nascita sul territorio italiano da genitori stranieri
L’art. 4, comma 2, della Legge n. 91/92 stabilisce che gli stranieri nati in Italia possono acquistare la
cittadinanza italiana se hanno risieduto nel territorio nazionale legalmente e senza interruzioni fino al compimento della maggiore età. La dichiarazione si presenta direttamente presso il
proprio Comune di residenza che, nei sei mesi precedenti al compimento dei diciotto anni, deve comunicare all’interessato che, entro il termine di un anno dal compimento della maggiore età, può
presentare dichiarazione di voler acquisire la cittadinanza. Se il Comune di residenza non fornisce tale informazione, il neo maggiorenne potrà formalizzare la richiesta anche dopo il compimento
dei 19 anni. In questa specifica ipotesi di “Ius soli” non è richiesto il soddisfacimento né del requisito reddituale né di quello penale.
La cittadinanza per matrimonio/unione civile
L’art. 5 della Legge n. 91/92 prevede che il cittadino, straniero o apolide, coniugato con cittadino/a italiano/a può acquistare la
cittadinanza italiana quando, dopo il matrimonio o unione civile, risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica, oppure dopo tre anni dalla data del matrimonio se
residente all'estero qualora, al momento dell'adozione del decreto di concessione della cittadinanza, non sia intervenuto lo scioglimento, l'annullamento o la cessazione degli effetti civili del
matrimonio e non sussista la separazione personale dei coniugi. Nel caso ci siano dei figli, nati o adottati dalla coppia, i termini previsti si riducono della metà.
Per presentare la domanda di cittadinanza in questa ipotesi è necessario attestare la conoscenza della lingua italiana non inferiore al livello B1; non è invece richiesto alcun requisito reddituale.
La cittadinanza per residenza
La legge prevede diversi termini di residenza a seconda delle varie ipotesi ed impone obbligatoriamente che la residenza sia legale (regolare
permesso di soggiorno e continuità dell’iscrizione anagrafica), ininterrotta ed attuale fino alla conclusione della procedura di concessione della cittadinanza.
Può richiedere la cittadinanza per residenza:
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